Pâté & Foie Gras nel santuario della cucina Slovacca



VINO E DELIZIE

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Una tradizione millenaria non solo francese

L’archivio affettuoso della memoria rivela ad ogn’uno di noi celati ricordi e bucoliche sensazioni fatte di sapori autentici e profumi semplici che attingono alla gerla dell’antica sapienza custodita dalle nostre nonne;  tracce indelebili, come anche momenti ormai impossibili da rivivere. Uno di questi fantastici ricordi profondamente radicato nella mia memoria sensoriale è un succulento piatto di fegato d’oca passato in padella nel suo stesso grasso con qualche spezia rimasta segreta; il tutto reso ancora più appetitoso dai croccanti spicchi di patate dal cuore tenero e fumante, annaffiati con il succo di cottura del foie gras. Il suo greve e fugace sfrigolare nella padella ardente, il suo profumo penetrante, il sapore avvolgente, o l’aspetto invitante che dopo tanti anni è ancora capace di generare languide acquoline e il tenero affondare del coltello sulle fette dell’incantevole pietanza sono reminiscenze ancorate così saldamente in me da compararle a una vecchia nave sommersa ormai tutt’uno con il fondo marino.

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Copyright © - Château Bela

Visto che la cultura del foie gras non vive solamente in alcune parti della Francia, ma anche in Ungheria (circa duemila tonnellate di fegato d’oca ungherese finiscono ogni anno sul mercato francese), nelle Repubbliche Ceca e Slovacca, in Austria, ma anche in Germania, in Bulgaria e nella Transilvania, ho scelto uno dei luoghi più noti e pittoreschi della Mitteleuropa per gustare la nobile pietanza in abbinamento a sopraffine specialità tradizionali.

Château Bela è il santuario della cucina Slovacca a pochi chilometri dall’odierno confine con l’Ungheria tracciato dal fiume Danubio; un castello del 1732 fatto ristrutturare alla perfezione in ogni suo dettaglio una decina di anni fa da Ilona, amata figlia dell’ultimo proprietario del maniero - il barone magiaro Ullmann - rifugiatosi in Germania dopo l’invasione della armata rossa. Depredamenti e anni di abbandono totale avevano ridotto in condizioni pietose l’antica dimora patrizia. 

- exterier 21 800x223jpgCopyright © - Château Bela

Sette lunghi anni di lavori hanno fatto risplendere il castello divenuto uno dei più belli e lussuosi resort di tutto il territorio. Ottanta ettari di vigna curata da enologi di fama internazionale, sale per degustazioni in stile medioevale, enoteche, bar, SPA, file interminabili di camere tutte diverse fra loro, sale per giochi elitari, biblioteca, galleria d’arte, sala da ballo finemente affrescata e impreziosita con un palcoscenico dell’ottocento, laghi e fontane, e soprattutto un ristorante dall’indubbio blasone battezzato “Baldacci” in onore a uno dei proprietari passati. E’ stato proprio lui, Antonio Baldacci di origine italiana, a trasformare quasi due secoli fa il modesto castello di campagna in una piccola reggia.

- sedownloadjpgCopyright © - Château Bela

Un viaggio mono cromatico, quasi irreale, sommersa nell’abbondante neve appena caduta, un minuzioso “sopralluogo” al castello in compagnia di una garbata signora in dolce attesa e l’atmosfera suggestiva hanno sin da subito reso memorabili i primi attimi del raffinato itinerario enogastronomico.

Nella sala più raccolta e sicuramente più elegante del ristorante attendo l’arrivo dello chef. I toni del bordò della tappezzeria, le scintillanti posate d’argento e le delicate porcellane poste sul candore della tovaglia priva di qualsiasi ripiegatura, le statue di cervi, di fagiani e quant’altro, oltre ai dipinti che incorniciano intense scene di caccia aumentano l’incantesimo dell’attesa… Eccolo; un giovane chef che prima di viziare gli esigenti clienti dello splendido Chàteau, ha dovuto assecondare i palati di mezzo mondo. Mentre racconta aneddoti popolari, la lavorazione e le tecniche di preparazione del fegato grasso mi invita a consumare la sua creazione.

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Copyright © - Spumarche - E.K. 

Una scaloppa tenerissima di fegato d’oca marinata in qualche alcol di aristocratico lignaggio, con l’aggiunta di un pizzico di sale e alcune gocce di miele per attenuare il caratteristico amarognolo di questo taglio patrizio. Per ospitare la vellutata tenerezza del prelibato manicaretto una piccola brioche dall’impasto “amabile”, speziata alla curcuma e appena tostata per regalare un tocco di friabilità in superficie, tenendo a bada le prevalenti percezioni tattili indirizzate alla morbidezza. Freschissimi germogli di erba medica, di cipolla e di rapanelli hanno il compito di ritemprare il palato prima ancora del vino;  in questo caso – a sorpresa – un bianco ben strutturato di Riesling Renano del 2007, siglato L1 per contraddistinguere l’importante residuo zuccherino. Che dire… è perfetto! Non potrebbe essere altrimenti visto la firma di Egon Müller - venerato Maestro dei riesling della Mosel-Saar-Ruwer - e del suo stretto collaboratore di queste zone il signor Miroslav Petrech, vincitori di numerose gare di livello internazionale dedicate ai vini bianchi. Un consueto Tokaji Aszú sarebbe stato troppo scontato, ma, secondo me, anche assai stoppaccioso. La muscolosa struttura dovuta ai polialcoli e alla presenza di corpulenti sostanze estrattive e alle massicce dosi di burri e grassi nell’abbinamento, facilmente potevano scivolare in una robusta stanchezza gustativa. Ma, come mi rendono edotta, in altri casi di parure non mancano anche gli Stroh - e gli Eiswein, ovviamente della medesima Maison, e neanche alcuni campioni di poderosi Trockenbeerenaulese e Sauternes dotati anche di buona freschezza, incrementando così la necessaria salivazione al confronto sensoriale.

EK_Spumarche_wine_collection_Chateau_Bela_Slovakia_Hotel_Restaurant_Vinoteca_foto_eva_kottrova_jpgCopyright © - Spumarche - E.K.

A seguire, le piccole, coloratissime e deliziose porzioni giacenti sul piatto condiviso con sua maestà le foie gras d’oie, attendono desiderose di essere confrontate una ad una con la stessa prelibatezza… Piccoli quadretti di golosa gelatina all’estratto di maracuja, o volendo frutto della passione; di grande effetto gusto-olfattivo e visivo. Il vino per ora può farsi da parte! La prossima ghiottoneria è uno spicchio di mela cotta nello sciroppo di zucchero con una fogliolina di alloro. Anche questo classico “incontro” è da tenere in considerazione! Il terzo assaggio in attesa è un intingolo denso e ancor più invitante. La squisita purea di zucca alla curcuma - svela lo chef Peter Holles - prima è stata cotta al forno con una spolverata di zucchero, poi passata al setaccio e cotta un’altra volta in padella per ridurre l’umidità residua, infine resa un po’ sapida dal sale e dalla curcuma; scommetto che farebbe impazzire anche i bongustai più esigenti. Un pizzico di italianità lo si ritrova sempre: alcune goccioline di Aceto Balsamico Tradizionale esaltano la composizione; al palato, pazienti e carezzevoli esplosioni di gusto si alternano con una possente maestosità.

A corredo dell’affascinante esperienza gourmand e in attesa del direttore del complesso improvviso una gita attorno al castello nella silente atmosfera invernale, incontrando per caso pavoni rifugiati in una sorta di segreta appena illuminata da una fioca luce rossa e seguendo le orme delle lepri selvatiche con la speranza di non finire nel lago gelato sotto i riflessi della luna. 

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Al rientro vengo accolta dal signor Kurt J. Bichler, direttore e noto sommelier della Germania, per apprezzare una linea di stupendi vini della Casa provenienti da uvaggi autoctoni come il veltlínské zelené (gruner veltliner), riesling vlašský (wälschriesling), breslava, rulandské modré, alibernet, oppure da uve alloctone come i pinot gris e noir o cabernet souvignon. Discutiamo del connubio fra gli ottimi vini dello Château e le croccanti cosce d’oca cotte al forno o impanate e fritte nell’olio bollente, del petto farcito con il suo stesso fegato, oppure del fegato ripieno con funghi e tartufo nero. Tradizionalmente serviti con purea di patate o riso bollito conditi con il sughetto o con il grasso di governo e accostati da qualche frutta sciroppata leggermente acidula, oppure da sottilissime fettine di cipolle rosse cotte in agrodolce. L’immaginifico viaggio alla scoperta delle delizie culinarie prosegue disquisendo di fegati grassi di fagiano, anatra, lepre, cervo o cinghiale, ma anche di pollo, vitello e di coniglio… spesso e volentieri ridotti in cremosi pâté, a volte addizionati di tartufi, vini liquorosi, erbe aromatiche o da immancabili spezie dai profumi più disparati.

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Copyright © - Château Bela

Il pâté, inteso come finissimo impasto quasi spumoso di carni speziate e spalmate su una fetta di pane cotto al forno a legna è ottimo anche per la prima colazione. Può sembrare bizzarro secondo le usanze del Belpaese, ma non secondo le abitudini radicate nella fascia centrale dell’Europa. 

Anche la mia colazione godeva spessissimo di questa beatitudine al punto da divenire persino noiosa. L’odierno esame gusto-olfattivo è ancora più piacevole che mai; un divertimento acuto di emozioni sprigionate dal matrimonio tra il pâté di fegato d’oca e il consueto abbinamento mattutino - il tè. Un buon tè nero aromatizzato al bergamotto con l’aggiunta di miele d’acacia e una fetta di limone. Un’altra “bizzarria”? No. Anzi! Anche il tè è risultato della fermentazione e anche esso contiene sostanze tanniche. La parte dolce proveniente dal miele dona il fruttosio e il glucosio. Anche il limone in questo accostamento ha la sua importanza essendo carico di acidi e la persistente fragranza del bergamotto è in perfetta armonia con la PAI del pâté. Per questi aspetti, tolte le sostanze alcoliche, le sensazioni gustative della inconsueta combinazione si avvicinano sorprendentemente alle peculiarità dei migliori vini dolci.

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Copyright © - Spumarche - E.K.

Una volta spuntino abituale e tradizionale, oggi aperitivo modaiolo e di tendenza. Baguette fragranti tagliate a fettine sottili spalmate con i migliori pâté abbondano sui tavolini delle enoteche e dei locali durante happy hour e rituali anticipi di serata. Le decorazioni mostrano in bella vista freschissime rondelle di rapanelli rossi o di porri, foglioline di cerfoglio, erba cipollina, filetti finissimi di peperoni per i classici. I più ardimentosi e meno inclini agli aspetti leziosi possono cimentarsi con un tocco di cren piccante scegliendo vini più caldi e un po’ più rotondi. Pensando agli astemi, mele, pere, pesche, albicocche o l’esotico ananas possono essere d’aiuto per alleggerire il palato; mentre i ristoranti, dal giorno di San Martino fino al Natale, si preparano per inscenare al meglio eleganti fusioni di sfumature cromatiche e odorose con succulenti piatti a base di foie gras di infinita aromaticità.

Un’altra curiosità per una ideale riscoperta dei sapori di antica memoria è rievocata dal profumatissimo grasso d’oca, di papera o di anatra che riempiva di aromi la cucina anche se già allo stato di consistenza cristallina. Il colore giallo, quasi trasparente e luminoso, racchiuso nei barattolini di vetro tenuti in fresco nella dispensa durante l’inverno, invitava al consumo in modo semplice - spalmato sul pane fresco. Anche risciolto sul fuoco stufando lo scalogno, le rigaglie, il petto o le lamelle di fegato rimaste esprimeva il suo carattere per condire la ludaskása, una specie di opulento risotto.

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Copyright © -  Château Bela

Mode, sapori e profumi ormai quasi del tutto scomparsi con l’avvento dell’industrializzazione. Che peccato! Vere e proprie consonanze spirituali dal profilo sensoriale geneticamente codificato da millenni al posto delle avveniristiche esperienze palatali degli additivi, addensanti, coloranti, emulsionanti, edulcoranti, … tutt’altro che emozionanti. 


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RIPRODUZIONI RISERVATE:

Articolo: © Spumarche - Eva Kottrova / Kottra Éva → Sommelies Marche Magazine - No.

Immagini: © Eva Kottrova, Château Belá

1° Pubblicazione su SPUMARCHE.com: 30.12.2015

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