Rime e Ritmi - Giosuè Carducci
VERSICULI
Piemonte
salta il camoscio, tuona la valanga
da’ ghiacci immani rotolando per le
selve croscianti:
ma da i silenzi de l’effuso azzurro
esce nel sole l’aquila, e distende
in tarde ruote digradanti il nero
volo solenne.
Salve, Piemonte! A te con melodia
mesta da lungi risonante, come
gli epici canti del tuo popol bravo,
scendono i fiumi.
Giosuè Alessandro Giuseppe Carducci
Il poeta, scrittore e filosofo Giosuè Carducci,
(1835-1907) fu il primo italiano a vincere il Premio Nobel per la letteratura
nel 1906.
La raccolta Rime e Ritmi, formata da 29 poesie composte sia in metrica tradizionale che in metrica barbara, è l’ultima delle raccolte maggiori carducciane. Fu composta tra il 1889 e il 1898 e pubblicata nel 1899.
Il sentimento della vita, con i suoi valori di gloria, amore,
bellezza ed eroismo, è senza dubbio la maggior fonte d'ispirazione del poeta,
ma accanto a questo tema, non meno importante è quello del paesaggio.
a fondo pagina:
Barolo - az üvegbe zárt piemonti költemény ↓
Estratto dalla raccolta
Rime e Ritmi:
Su le dentate scintillanti
vette
salta il camoscio, tuona la valanga
da’ ghiacci immani rotolando per le
selve
croscianti:
ma da i silenzi de l’effuso azzurro
esce nel sole l’aquila, e distende
in tarde ruote digradanti il nero
volo
solenne.
Salve, Piemonte! A te con melodia
mesta da lungi risonante, come
gli epici canti del tuo popol bravo,
scendono
i fiumi.
Scendono pieni, rapidi,
gagliardi,
come i tuoi cento battaglioni, e a valle
cercan le deste a ragionar di gloria
ville
e cittadi:
la vecchia Aosta di cesaree mura
ammantellata, che nel varco alpino
èleva sopra i barbari manieri
l’arco
d’Augusto:
Ivrea la bella che le rossi torri
specchia sognando a la cerulea Dora
nel largo seno, fósca intorno è l’ombra
di
re Arduino:
Biella tra ’l monte e il verdeggiar de’ piani
lieta guardante l’ubere convalle,
ch’armi ed aratri e a l’opera fumanti
camini
ostenta:
Cuneo possente e pazïente, e al vago
declivio il dolce Mondoví ridente,
e l’esultante di castella e vigne
suol
d’Aleramo;
e da Superga nel festante coro
de le grandi Alpi la regal Torino
incoronata di vittoria, ed Asti
repubblicana.
Fiera di strage gotica e
de l’ira
di Federico, dal sonante fiume
ella, o Piemonte, ti donava il carme
nuovo
d’Alfieri.
Venne quel grande, come il grande augello
ond’ebbe nome; e a l’umile paese
sopra volando, fulvo, irrequïeto,
—
Italia, Italia —
egli gridava a’ dissueti orecchi,
a i pigri cuori, a gli animi giacenti:
— Italia, Italia — rispondeano l’urne
d’Arquà
e Ravenna:
e sotto il volo scricchiolaron l’ossa
sé ricercanti lungo il cimitero
de la fatal penisola a vestirsi
d’ira
e di ferro.
— Italia, Italia! — E il popolo de’ morti
surse cantando a chiedere la guerra;
e un re a la morte nel pallor del viso
sacro
e nel cuore
trasse la spada. Oh anno de’ portenti,
oh primavera de la patria, oh giorni,
ultimi giorni del fiorente maggio,
oh
trionfante
suon de la prima italica
vittoria
che mi percosse il cuor fanciullo! Ond’io,
vate d’Italia a la stagion piú bella,
in
grige chiome
oggi ti canto, o re de’ miei verd’anni,
re per tant’anni bestemmiato e pianto,
che via passasti con la spada in pugno
ed
il cilicio
al cristian petto, italo Amleto. Sotto
il ferro e il fuoco del Piemonte, sotto
di Cuneo ’l nerbo e l’impeto d’Aosta
sparve
il nemico.
Languido il tuon de l’ultimo cannone
dietro la fuga austriaca moría:
il re a cavallo discendeva contra
il
sol cadente:
a gli accorrenti cavalieri in mezzo,
di fumo e polve e di vittoria allegri,
trasse, ed, un foglio dispiegato, disse
resa
Peschiera.
Oh qual da i petti, memori de gli avi,
alte ondeggiando le sabaude insegne,
surse fremente un sol grido: Viva
il
re d’Italia!
Arse di gloria, rossa
nel tramonto,
l’ampia distesa del lombardo piano;
palpitò il lago di Virgilio, come
velo
di sposa
che s’apre al bacio del promesso amore:
pallido, dritto su l’arcione, immoto,
gli occhi fissava il re: vedeva l’ombra
del
Trocadero.
E lo aspettava la brumal Novara
e a’ tristi errori mèta ultima Oporto.
Oh sola e cheta in mezzo de’ castagni
villa
del Douro,
che in faccia il grande Atlantico sonante
a i lati ha il fiume fresco di camelie,
e albergò ne la indifferente calma
tanto
dolore!
Sfaceasi; e nel crepuscolo de i sensi
tra le due vite al re davanti corse
una miranda visïon: di Nizza
il
marinaro
biondo che dal Gianicolo, spronava
contro l’oltraggio gallico: d’intorno
splendeagli, fiamma di piropo al sole,
l’italo
sangue.
Su gli occhi spenti
scese al re una stilla,
lenta errò l’ombra d’un sorriso. Allora
venne da l’alto un vol di spirti, e cinse
del re la morte.
Innanzi a tutti, o nobile Piemonte,
quei che a Sfacteria dorme e in Alessandria
diè a l’aure primo il tricolor, Santorre
di
Santarosa.
E tutti insieme a Dio scortaron l’alma
di Carlo Alberto. — Eccoti il re, Signore,
che ne disperse, il re che ne percosse,
Ora,
o Signore,
anch’egli è morto, come noi morimmo,
Dio, per l’Italia. Rendine la patria.
A i morti, a i vivi, pe ’l fumante sangue
da
tutt’ i campi,
per il dolore che la regge agguaglia
a le capanne, per la gloria, Dio,
che fu ne gli anni, pe’ l martirio, Dio,
che
è ne l’ora,
a quella polve eroica fremente,
a questa luce angelica esultante,
rendi la patria, Dio; rendi l’Italia
a
gl’italiani.
Ceresole reale, 27 luglio 1890.
Patria
Colline del Barolo - Archivio Ente Turismo Alba Bra Langhe Roero - Foto Mark Hofmeyr
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Barolo - az üvegbe zárt piemonti költemény
Nebbiolo - a piemonti szőlők királya
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Eva Kottrova / Kottra Éva